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Questo libro annuncia che il soggetto della ragione filosofica, il punto di vista della prospettiva classica, è al capolinea. Insieme con lui hanno concluso il loro percorso la sostanza e le forme a priori dello spazio e del tempo. I residui di queste concezioni nel logos d'occidente contribuiscono ancora a infarcire le recenti teorie, la linguistica, la fisica e l'invenzione freudiana in particolare, anche nelle versioni che parrebbero più accorte. Il risultato è stato e rimane il discredito assoluto della clinica irrimediabilmente sganciata da qualsiasi coerenza pragmatica. Tener conto con lucidità di questa nuova apertura significa restituire alla psicoanalisi e al dispositivo dell'analisi quella risorsa che gli allievi di Freud, compresi coloro che parrebbero richiamarsi a lui in modo più rigoroso, hanno abbandonato nella polvere dell'ideologia. Il richiamo alla parola estrema e originaria consente all'autore di rilanciare un grande ponte con il passato e di evocare testi che anch'essi hanno subito nel corso della storia la medesima cancellazione ad opera del logos, la ragione d'occidente. I testi evangelici e di teologia. Il disegno aurorale di una realtà che altrimenti sarebbe inconcepibile fa in questo libro la sua apparizione. In particolare la nozione di oggetto, compagno di viaggio del soggetto, conclude qui il suo viaggio per presentarsi nella nuova veste smagliante dell'evento, della sorpresa, del miracolo nella pragmatica.